Ormai sono sempre di più i pazienti con disturbi gastrointestinali e aumentano le diagnosi di celiachia e gluten sensitivity. Di cosa si tratta? Qual è la differenza?
La celiachia è sempre confermata dalla presenza nel sangue degli anticorpi anti-gliadina, anti-transglutaminasi e anti-endomisio. Alla gastroscopia si rivela inoltre l’appiattimento dei villi intestinali, cioè quella componente dell’intestino deputata all’assorbimento dei nutrientiSe l’assorbimento è scarso, pur mangiando il paziente può andare incontro a carenze nutrizionali ad esempio di ferro, calcio, vit.b12, vitamina d. Rilevare questi valori nel sangue può essere utile a capire appunto se c’è un malassorbimento intestinale.
Eppure esistono molti pazienti che non hanno positività degli anticorpi, e nonostante questo migliorano eliminando il glutine. Perchè?
Perché esiste anche la gluten sensitivity, cioè una sensibilità temporanea al glutine. Pur senza essere celiaci si può attraversare un periodo di sensibilizzazione al glutine che può scatenare reazioni infiammatorie, con conseguenti problemi gastrointestinali. Gonfiore, stipsi o diarrea, reflusso gastroesofageo, mal di schiena. Ricordiamo sempre il collegamento fra schiena e intestino.
Non è ancora chiaro il perché, forse l’alterazione della flora batterica, gli insulti che arrivano da additivi chimici, antibiotici, conservanti possono rendere l’intestino più vulnerabile.
Il glutine inoltre è sempre più presente nei prodotti da forno industriali perché è legale aggiungerlo agli impasti per renderli più morbidi e lavorabili.
Sicuramente se il paziente giova dalla riduzione temporanea del glutine può trovarsi in un periodo di gluten sensitivity. Può essere quindi una buona abitudine variare i cereali a tavola. Riso, farro e avena, quinoa, kamut sono valide alternative.